Come riconoscere un sacchetto biodegradabile e compostabile? Non tutti i sacchetti sono adatti a contenere rifiuti organici. Per esempio non vanno bene i sacchetti in plastica normale (Polietilene PE), quelli in plastica leggera e quelli con diciture generiche come:
“Biodegradabile entro 3-5 anni” o “in tempi medio-lunghi”,
“Biodegradabile secondo il metodo UNI EN ISO 14855”,
“ECM biodegradabile”, “D2W®”, “oxobiodegradabile” o “oxodegradabile”, “Difendi la natura”,
“Sono una busta ecologica”
,“La natura ci sta a cuore”, ecc.
Un sacchetto adatto alla raccolta dell’umido non deve essere solo biodegradabile. Deve essere compostabile: deve poter trasformarsi in compost nello stesso arco di tempo in cui si degraderebbe il suo contenuto, cioè massimo 3 mesi. Per questo motivo i sacchetti compostabili sono realizzati in bioplastiche.
Secondo le analisi del Cic (Consorzio Italiano Compostatori), il contenuto di materiale non compostabile che abbassa la qualità dei carichi consegnati agli impianti è mediamente del 4,8%. La colpa è di plastica varia, sacchetti in plastica utilizzati impropriamente per la raccolta e altri materiali finiti per pigrizia, errore o negligenza.
Per riconoscere un sacchetto compostabile, bisogna controllare la presenza di uno di questi marchi:
e la dicitura che dichiari la conformità ad una specifica norma: la UNI EN 13432-2002”.
Attenzione: I sacchetti compostabili possono essere utilizzati per la raccolta dell’umido. Non sono adatti per altri tipi di raccolta differenziata come quella della carta, della plastica, del vetro e dei metalli.
Questo video è parte integrante del progetto Secondo Natura e, in particolare, della playlist “Raccolta differenziata dell’umido e sacchetti compostabili” a cura di Progeva e Novamont.